giovedì 19 febbraio 2015

STUPOR MUNDI


Succede che  quando arriva Martedì Grasso, non si vede l’ora di finire, perche’ il fisico non regge piu’ la stanchezza nella settimana Grassa  ha preso il sopravvento sull’entusiasmo, giorni  vissuti senza regole ed al massimo schiantano oramai il fisico di un povero quarantenne.

 


Eppure, mentre accompagni i Vlurd  nel giro finale attorno alla città, nonostante la spossatezza che ti avvolge ogni singolo muscolo del corpo, malgrado lo stomaco e il fegato ti chiedono pietà, mentre a tutta forza, tra fiamme, cenere e fumo denso, soffi le ultime stonate note sulla tua tromba, con le labbra ridotte ad un canotto, ti attanaglia la nostalgia, che passo dopo passo cresce  mentre ci si avvicina alla  Piazza, ove il fuoco da una buona mezzora, ha iniziato a purificare  gli stanchi Carnevalieri da bagordi che durano da settimane.

Nonostante tutto non vorresti arrivarci  a quel grande falò, perche’ sai che tutto poi finirà, e il rito sarà compiuto. E ti vengono in mente vivide, mentre le suole di plastica delle scarpe bruciano, le immagini più belle di questa settimana pazza, iniziata in Pompa Magna Giovedì scorso, Grasso, nel rifugio antiatomico di Paul Anka, nuovo entusiasta congregante. Un colata di cemento di immani proporzioni in cui la prima festa carnascialesca si è compiuta. Un ambiente ampio, in cui la solennità della Guazza rimbombava sulle note di inni e ballatte goliardiche. Cinquanta uomini su un'unica tavolata, un branco di lupi famelici, in cui un’improvvisata (per i pochi vestiti indossati) Cappuccetto Rosso, mesceva tra allegre sbicchierate il vino ai commensali, incurante, succinta e svestita com’era del rischio che correva di essere sbranata.

E poi la mattina dopo tutto diventa bianco e rosso, un giorno speciale, la Congrega, la mia amatissima Guazza è sciolta, e vedi in mezzo alla Piazza tra coriandoli e girotondi di bimbi in maschera allegri con i loro mutandoni e guazzarò correre verso un innocuo bovetto finto, il cui aspetto rassicurante è ben diverso da quello terribile ed infuriato del pomeriggio. Ed il cuore di si riempie di gioia e lacrime d’orgoglio  ti velano gli occhi, vedendo il tuo fagottino, sangue del tuo sangue muovere i primi incerti passi tra la piccola folla festante, è il perpetuarsi delle tradizioni, una comunanza il cui collante è il forte senso di appartenenza.

La Domenica, l’ultima di Carnevale, la Congrega  entra gagliarda ancora in Piazza, fiera, sicura, squillante ad annunciare la festa del  Ciorpento, padre e protettore da quasi settant’anni di questa follia collettiva. Una fusione di colori, trombe, tromboni;, bombardini, tube, un fracasso di tamburi e grancasse e percussioni di ogni genere, una fantasmagorica  sfilata insieme, mai era successo in questi anni, dopo che la pernacchia di Rufus aveva fatto balenare per la gioia degli astanti, l’immane dardo.

La neve soffice e silenziosa cade, mentre dalla grotta dei Talebani, tra imbutate e brindisi l’amatissima festeggia la sua decima epopea,  un trionfo alcoolico con amici e nemici, tra sostenitori ed ignari turisti, prima del Lunedì (Grasso) quello dell’ultimo veglione. Un coro alla Vergine Maria, perche’ anche questa a modo è una preghiera, e l’entrata trionfale con Cielito Lindo. E poi in pista a ballare fino alle quattro tra bicchieri di birra che servono a sgrassare o meglio ad attutire la toppa, visto che oramai dopo un mese di Carnevale lu vì te fa mus.

E’ Martedì Grasso, mentre per l’ultima volta la Congrega entra in Piazza, lungo il corso il suo passaggio è festoso e trionfale, ragazzi ubriachi e mascherati allegri intonano canti e ci ballano in tondo. L’ultima esaltante hit, la chiusura in via del Merletto con l’Aviron Baynnaise,  solenne ed intimo inno della Guazza.

Vedo il fuoco dei Vlurd sovrastare migliaia di teste colorate che gli ballano intorno. Mi fermo devo riposare le labbra, mi giro ed ecco i miei compagni di avventura. Il maestro Seraccia spinge fuori ciondolando e di slancio l’ultimo poco fiato che ha  nei polmoni nella sua tromba, è guida e testa della Congrega. Scemenella e il Dottore proseguono avanti con il Gonfalone ad aprire la pista nell’ultima trionfale marcia verso la Piazza. I F.lli Oddi, grande e preziosa risorsa sono concentrati e oramai offidani oriundi entrano senza  timore nel caos dei Vlurd. Giammy che al mio fianco spinge, grosso com’è, tutto il fiato che ha in corpo verso una tromba che quasi scompare nella sua mole.  Spnell, di norma discreto e silenzioso, ha gli occhi rossi e  suona a paccà. Erasmo, con il cappellino scozzese e i capelli rossi, gonfio di alcool spinge in alto il controcanto del suo bombardino  sulle note di Addio Ninetta Addio, Melly statuario, plastico, imponente, con la sua coulisse  è grandioso. Zipi  invece imbraccia il suo bombardino come se fosse un infante, in trance tamburella senza alcun senso le sue dita sui tasti. Andrea Maroni, con lo sguardo dei suoi occhi azzurri perso nel vuoto a non voler perdere il ritmo, Sabbiò e la sua mazzocca a battere violentemente sulla grancassa, mentre un claudicante Pavò, recuperato alle case Vass, percuote forte i piatti per dissimulare il dolore di un ogna incarnita che lo tormenta da giorni, a chiudere Paul, Paul Anka, rullante verde e nero e solito stuolo di ragazzine umide non di Guazza a sbavargli dietro.

Si entra in Piazza, la musica si ferma, dal comune annunciano la Guazza, gli ultimi esaltanti giri di Addio Ninetta Addio. Un tripudio di flash e fotografie, tra applausi e canti che ci accompagnano, sfiliamo a fianco al fuoco, incuranti,  come a volerlo ignorare ci facciamo largo tra la folla scorrendo verso piazza XX Settembre, giriamo dietro la Collegiata, un ultimo sguardo alla Piazza, abbracci commossi……. è finita la DECIMA EPOPEA.

 

giovedì 5 febbraio 2015




LA PARABOLA DELLA MAZZOCCA

 

Dovrei parlarvi in questo post, della magnifica domenica degli Amici che è appena trascorsa e che segna la Decima Epopea, dovrei  dirvi  del commovente silenzio suonato da Simone Oddi per il nostro amico Marcello. Dovrei scrivere del luculliano pranzo alla casa del Popolo presentato dal nostro Chef, o della grandiosa organizzazione messa in campo dal nostro Capitano, invece, ed è raro per la stessa Epopea vi parlerò anche stavolta di un nostro Congregante, che merita dopo quello che ho osservato ieri, una severa e perculatrice satira. Era ora che si parlava di un percussionista (definizione esagerata) della Congrega, è giunto il momento di sciogliere la lingua e dare fiato alle trombe! (noi siamo gli ottoni).

La grancassa è lo strumento piu' semplice ed immediato da suonare, un infante di pochi mesi a cui si da uno scatolone ed un bastoncino, riesce per istinto primordiale che accomuna l'uomo allo scimpazè e agli altri primati, ad andare "a tempo" con un motivetto musicale; il ritmo è un senso innato dell'uomo indi per cui possiamo definire la grancassa  tra tutti gli elementi che compongono una banda musicale quello di piu' rapida comprensione. Tuttavia è uno strumento importantissimo, segnando il tempo scandisce il ritmo ed esalta la melodia, di norma in una banda musicale viene percossa una sola grancassa.

Al  nostro Sabbiò,  un ragazzaccio un metro e novanta alto, naso  e orecchie a punta, leggermente a sventola e con capelli mori e attaccatura  molto bassa sulla fronte, fu proposto dieci anni fa, dal sottoscritto e dagli altri due fondatori della Congrega (Seraccia e Daniele)  di suonare la grancassa e di aiutarci a fare le prime prove con l'Inno dei Tirolesi, fu comprata dallo stesso Daniele  per l'occasione una pessima grancassa da Mondo Musica che tuttora rappresenta quella ufficiale della Congrega. Sabbio fece spallucce ed è inutile dire che non si presentò mai a queste prime scalcinate prove, aveva troppo da fare.

Così, più per necessità, ripiegammo su un altro personaggio del Bar Ciotti, Marcello de Mosce, che una sera mentre giocava al videogioco gli fu proposto di diventare grancassista e con grande entusiasmo ci salvò letteralmente il culo mettendosi subito a disposizione.  Ma ecco che Sabbio', sentendosi  scippato dal suo ruolo (che in realtà non aveva ancora esercitato), andò su tutte le furie rivendicando la sua grancassa. E gli ci prese quasi un esaurimento, con incubi notturni ricorrenti in cui uno sghignazzante e malefico Marcello gli suonava la grancassa sotto il naso.

Con la ragionevolezza propria del buon Marcello ed il bene placido di tutta la Congrega, la grancassa venne consegnata a Sabbio' (un disastro) mentre quello che era il grancassista si riciclò, dimostrando un notevole talento, in trombettista. Da quel momento Sabbio' impersonificò la figura del grancassista, anzi del grancazzista della Guazza.  Una percussione possente, , uno strumento  da macho che sicuramente non è anonimo, che si vede e soprattutto si sente, uno strumento adatto ad un fabbro.

A rappresentare questa primordiale virilità è in particolare la "la mazzocca", un vero e proprio prolungamento del pene, che impugnato come una mazza, appunto da fabbro, diventa la quintessenza del fracasso e rimbomba da anni aritmicamente sulla grancassa, a volte con una frenetica velocità che sfiata gli ottoni, spesso incapace di dare un tempo che sia diverso dai soliti quattro quarti (vedi Cielito Lindo).

La mazzocca non abbandona mai Sabbio' , la custodisce gelosamente in mano, o in alternativa se la infila dietro a pantaloni, nessuno puo' prendergli il suo scettro di potere, ne è passionalmente geloso. Le pochissime volte che, per distrazione, o per il troppo alcool in circolo, abbandona la mazzocca,  ci si diverte a nasconderla e questo lo fa imbestialire. Va in ansia, e diventa pericoloso, a Sant'Antonio prese per andarsene e per rabbia inizio' violentemente a scalciare la grancassa ferendo anche qualche Congregante.

Capite la faccia che  puo' avere quando qualche ubriaco, come a volte  succede per le viuzze di Offida gli chiede di dare due colpi alla gran cassa. Potete immaginare lo sguardo con cui fulmina il molesto ed avvinazzato spettatore, a cui per educazione non puo' dire di no e a cui deve concedere per qualche secondo la sua amata mazzocca.

Ora c'è da precisare che la grancassa deve necessariamente suonare, cioè su tre o 4 trombe, se una non suona, non si sente, stesso discorso vale per bombardini e tromboni, ma una grancassa no, deve essere sempre pronta (anche se fa schifo) a  dare il ritmo. Questo qualche volta non succede con Sabbio' ma piu' che altro perche' rimane indietro a pavoneggiarsi con qualcuno della sua mazzocca.

Ieri, domenica degli Amici, mentre suonavamo da dieci minuti  davanti a Fià Fià senza il supporto della grancassa,  girandomi per vedere se da lontano si vedeva Sabbiò notai invece che era proprio dietro di me, ma invece che percuotere la sua mazzocca era letteralmente in bambola, estasiato da una doppia celeste visione femminile, una bionda ed una mora. Gli occhi trasognati la grancassa al collo le mani vuote. La mazzocca era in mano ad una delle due ragazza che l'accarezzavano. Furibondo per la negligenza di Sabbiò, rabbioso tolgo la mazzocca dalle mani delle ragazze, che rimangono pure basite, e ferocemente inizio a percuotere la grancassa (mi ci so ciaccato un dito), sperando che Sabbiò potesse rinsanvire.

Le ragazze, spritate dalla mia feroce reazione tosto si sono allontanate tra la folla verso piazza, seguite dallo sguardo innamorato di Sabbio'. Io a continuare violentemente a picchiare la grancassa con la mazzocca e Sabbio' incurante, felice, di essersi rifatto una nuova mazzocca……in mezzo alle gambe.