Succede che quando
arriva Martedì Grasso, non si vede l’ora di finire, perche’ il fisico non regge
piu’ la stanchezza nella settimana Grassa ha preso il sopravvento sull’entusiasmo,
giorni vissuti senza regole ed al
massimo schiantano oramai il fisico di un povero quarantenne.
Eppure, mentre accompagni i Vlurd nel giro finale attorno alla città, nonostante
la spossatezza che ti avvolge ogni singolo muscolo del corpo, malgrado lo
stomaco e il fegato ti chiedono pietà, mentre a tutta forza, tra fiamme, cenere
e fumo denso, soffi le ultime stonate note sulla tua tromba, con le labbra
ridotte ad un canotto, ti attanaglia la nostalgia, che passo dopo passo
cresce mentre ci si avvicina alla Piazza, ove il fuoco da una buona mezzora, ha
iniziato a purificare gli stanchi
Carnevalieri da bagordi che durano da settimane.
Nonostante tutto non vorresti arrivarci a quel grande falò, perche’ sai che tutto poi
finirà, e il rito sarà compiuto. E ti vengono in mente vivide, mentre le suole
di plastica delle scarpe bruciano, le immagini più belle di questa settimana
pazza, iniziata in Pompa Magna Giovedì scorso, Grasso, nel rifugio antiatomico
di Paul Anka, nuovo entusiasta congregante. Un colata di cemento di immani
proporzioni in cui la prima festa carnascialesca si è compiuta. Un ambiente
ampio, in cui la solennità della Guazza rimbombava sulle note di inni e
ballatte goliardiche. Cinquanta uomini su un'unica tavolata, un branco di lupi
famelici, in cui un’improvvisata (per i pochi vestiti indossati) Cappuccetto
Rosso, mesceva tra allegre sbicchierate il vino ai commensali, incurante,
succinta e svestita com’era del rischio che correva di essere sbranata.
E poi la mattina dopo tutto diventa bianco e rosso, un
giorno speciale, la Congrega, la mia amatissima Guazza è sciolta, e vedi in
mezzo alla Piazza tra coriandoli e girotondi di bimbi in maschera allegri con i
loro mutandoni e guazzarò correre verso un innocuo bovetto finto, il cui
aspetto rassicurante è ben diverso da quello terribile ed infuriato del
pomeriggio. Ed il cuore di si riempie di gioia e lacrime d’orgoglio ti velano gli occhi, vedendo il tuo
fagottino, sangue del tuo sangue muovere i primi incerti passi tra la piccola
folla festante, è il perpetuarsi delle tradizioni, una comunanza il cui
collante è il forte senso di appartenenza.
La Domenica, l’ultima di Carnevale, la Congrega entra gagliarda ancora in Piazza, fiera,
sicura, squillante ad annunciare la festa del Ciorpento, padre e protettore da quasi
settant’anni di questa follia collettiva. Una fusione di colori, trombe,
tromboni;, bombardini, tube, un fracasso di tamburi e grancasse e percussioni
di ogni genere, una fantasmagorica
sfilata insieme, mai era successo in questi anni, dopo che la pernacchia
di Rufus aveva fatto balenare per la gioia degli astanti, l’immane dardo.
La neve soffice e silenziosa cade, mentre dalla grotta dei
Talebani, tra imbutate e brindisi l’amatissima festeggia la sua decima
epopea, un trionfo alcoolico con amici e
nemici, tra sostenitori ed ignari turisti, prima del Lunedì (Grasso) quello
dell’ultimo veglione. Un coro alla Vergine Maria, perche’ anche questa a modo è
una preghiera, e l’entrata trionfale con Cielito Lindo. E poi in pista a
ballare fino alle quattro tra bicchieri di birra che servono a sgrassare o
meglio ad attutire la toppa, visto che oramai dopo un mese di Carnevale lu vì
te fa mus.
E’ Martedì Grasso, mentre per l’ultima volta la Congrega
entra in Piazza, lungo il corso il suo passaggio è festoso e trionfale, ragazzi
ubriachi e mascherati allegri intonano canti e ci ballano in tondo. L’ultima
esaltante hit, la chiusura in via del Merletto con l’Aviron Baynnaise, solenne ed intimo inno della Guazza.
Vedo il fuoco dei Vlurd sovrastare migliaia di teste
colorate che gli ballano intorno. Mi fermo devo riposare le labbra, mi giro ed
ecco i miei compagni di avventura. Il maestro Seraccia spinge fuori ciondolando
e di slancio l’ultimo poco fiato che ha
nei polmoni nella sua tromba, è guida e testa della Congrega. Scemenella
e il Dottore proseguono avanti con il Gonfalone ad aprire la pista nell’ultima
trionfale marcia verso la Piazza. I F.lli Oddi, grande e preziosa risorsa sono
concentrati e oramai offidani oriundi entrano senza timore nel caos dei Vlurd. Giammy che al mio
fianco spinge, grosso com’è, tutto il fiato che ha in corpo verso una tromba
che quasi scompare nella sua mole.
Spnell, di norma discreto e silenzioso, ha gli occhi rossi e suona a paccà. Erasmo, con il cappellino
scozzese e i capelli rossi, gonfio di alcool spinge in alto il controcanto del
suo bombardino sulle note di Addio
Ninetta Addio, Melly statuario, plastico, imponente, con la sua coulisse è grandioso. Zipi invece imbraccia il suo bombardino come se
fosse un infante, in trance tamburella senza alcun senso le sue dita sui tasti.
Andrea Maroni, con lo sguardo dei suoi occhi azzurri perso nel vuoto a non
voler perdere il ritmo, Sabbiò e la sua mazzocca a battere violentemente sulla
grancassa, mentre un claudicante Pavò, recuperato alle case Vass, percuote
forte i piatti per dissimulare il dolore di un ogna incarnita che lo tormenta
da giorni, a chiudere Paul, Paul Anka, rullante verde e nero e solito stuolo di
ragazzine umide non di Guazza a sbavargli dietro.
Si entra in Piazza, la musica si ferma, dal comune
annunciano la Guazza, gli ultimi esaltanti giri di Addio Ninetta Addio. Un
tripudio di flash e fotografie, tra applausi e canti che ci accompagnano,
sfiliamo a fianco al fuoco, incuranti, come a volerlo ignorare ci facciamo largo tra
la folla scorrendo verso piazza XX Settembre, giriamo dietro la Collegiata, un
ultimo sguardo alla Piazza, abbracci commossi……. è finita la DECIMA EPOPEA.