venerdì 11 gennaio 2013

IL “LA(E)BBRO” STA DOVE MENO TE LO ASPETTI

Anni fa ad un grassottello bambino dai capelli rossi e dal viso cruscato da lentiggini, che si domandava cosa fosse, sua nonna Ciola, con competenza enciclopedica e con tono accademico rispose; “Il LEBBRO, è una specie di CONELLO”. Ora, credo quel bambino, oggi oramai trentenne, ancora non sappia cosa sia il “LEBBRO” e che questo dubbio amletico lo accompagni vita natural durante per il resto dei suoi giorni. Per sciogliere l’arcano e per venire in aiuto a questo nostro amico, tra l’altro congregante, riporto la definizione che l’onnisciente Wikipedia da del lebbro, che in italiano si chiama in realtà lepre: Lepus (Linnaeus, 1758) è un genere di mammiferi lagomorfi appartenente alla famiglia dei Leporidi, della quale costituisce il genere più numeroso e rappresentato nel mondo.Le lepri sono abbastanza simili ai conigli, Leporidi appartenenti a diversi generi di cui i più rappresentativi sono Oryctolagus e Sylvilagus, tuttavia hanno alcuni caratteri morfologici e etologici che le distinguono nettamente dal resto della famiglia. Sotto l'aspetto morfologico, le lepri hanno in generale orecchie più lunghe del capo e occhi proporzionalmente più grandi, sono di maggiori dimensioni (piede lungo più di 9 cm) e le estremità delle orecchie sono in genere più scure. A differenza dei conigli, i neonati delle lepri sono piuttosto precoci: nascono già con gli occhi aperti, il corpo è già rivestito da una pelliccia e sono in grado di muoversi autonomamente. Sotto l'aspetto etologico, le lepri sono animali solitari (vivono al più in coppia), non costruiscono tane sotterranee ma sfruttano depressioni del terreno o protezioni naturali preesistenti fra la vegetazione. Sono più sensibili dei conigli alla frammentazione del territorio. Nessuna specie di lepre è mai stata addomesticata: l'animale conosciuto come "lepre belga", in realtà, è una razza di coniglio selezionata per assomigliare superficialmente a una lepre. Questa introduzione è utile anche a capire come questo animale, tra l’altro succulento in umido con le tagliatelle ed ottimo in salmì, sia così radicato nell’immaginario collettivo della gente del nostro territorio tanto da essere utilizzato in un detto popolare di larghissimo uso : “IL LEBBRO STA DOVE MENO LU SPIETT” questo per parafrasare che le sorprese della vita, belle o brutte, possono capitarti all’improvviso, in maniera inaspettata. Nella realtà e per esperienza personale, è proprio vero che IL LEBBRO sta dove meno te lo aspetti, avendone avuto riprova giusto qualche settimana fa, quando per smaltire la mangiata della sera prima, mi accingevo a fare una corsetta moooolto lenta sulla strada Appignanese, quella che collega in sostanza lo spaccio de F’mera a li Chiarì di Castel di Lama. Ebbene, tutto sudato ed ansimante, immerso nei colori autunnali e nel silenzio placido che ogni domenica mattina avvolge la campagna picena, improvvisamente, scoprendo la curva, ecco che maestoso compare dalla scarpata zompettando verso il centro della careggiatta un magnifico esemplare di LEBBRO. Per niente impaurito si ferma proprio sulla striscia bianca che divide le due corsie, drizza le orecchie e prende fissarmi con i suoi grandi occhi scuri ed umidi. Mi è sembrato che quei pochi secondi non finissero mai, un’animale maestoso cari amici un momento magico. Poi, tranquillo, come era apparso, sempre saltellando scompare sotto la strada e riprende veloce la sua corsa attraverso i filari di una vigna colorata di rosso e di giallo. Io interdetto e basito, rimango paralizzato e lo seguo con lo sguardo da lontano perdersi nella campagna. Improvvisamente cinque segugi irruenti irrompono dalla stessa scarpata latrando e cercando come impazziti sull’asfalto la traccia odorosa del LEBBRO. Cinque cani che, presi dall’euforia, manco si accorgono della mia presenza, cioè non mi hanno cagato manco per il cazzo; tant vot li cà pare stup’t! Ed eccoli fiondarsi giù per la vigna alla caccia della loro povera preda. Ricomincio a correre un po’ frastornato e la fatica presto prevale sul pensiero che quel bell’incontro mi aveva lasciato. Arrivo già esausto a Villa Chiarini sentendo ancora da lontano i latrato dei segugi, giro per tornare indietro quando echeggiano quattro botte fatto bene di un paio di doppiette. Chissà quant sarà bon le tajatell che lu lebbr! Tornando a questioni di congrega, ieri sera ci sono state le prove, che abbiamo intensificato vista l’imminente apertura, la prossima settimana, del Carnevale Offidano. Sono state prove molto dure, difficili, con la presenza tardiva del maestro Acciarri, senza di lui è evidente che siamo fottuti. Dipende evidentemente dalla mia personale difficoltà a reggere con la tromba il peso degli altri strumenti, dal povero Erasmo che nonostante l’impegno non riesce ad andare a tempo con quel cazzo di giro blues. In quattro mesi di costanti sacrifici viene fuori tutta la nostra mediocrità ed è evidente che senza l’apporto decisivo di Sergio e dei fratelli Oddi, tutti gli sforzi fatti ad oggi potrebbero esser vanificati. In ogni caso andiamo avanti, che vogliamo fare?! Si va sempre avanti! E comunque non tutti i mali vengono per nuocere, ieri sera in tre ore di prove, in cui abbiamo massacrato le nostre labbra, almeno abbiamo scoperto un nuovo metodo che rivoluzionerà la chirurgia estetica, e che farà contente tante donne, compresa la bella NINA MORIC, che in copertina omaggia questo post. Altro che iniezioni di botox sulla bocca care signore, per essere più belle e sensuali, compratevi una tromba e suonatela per tre ore!!! E’ vero, come recita il detto: “IL LABBRO STA DOVE MENO TE LO ASPETTI”.

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