lunedì 11 febbraio 2013

LA CONSACRAZIONE TRA GIOIA E DISPERAZIONE

Difficile riordinare le idee, dare una senquenza logica agli avvenimenti delle ultime 48 /72 ore; un interminabile turbinio di immagini, emozioni, sentimenti, situazioni, difficili da capire, da controllare, da veicolare. L'esplosione per una gioia inattesa, rimbombante ed eccheggiata, ripetutamente, in modo martellente sui TG regionali, a consacrare il Carnevale e, casualmente in mezzo, la nostra Congrega a simboleggiare per sei giorni il Carnevale Offidano. La "moviola" della consegna delle Chiavi, ci consegna uno Stefano Paraciell, da diverse angolazioni, lanciare con stizza il sombrero per aria, a voler rabbiosamnente comprimere una delusione improvvisamente esplosa per l'ingiustizia, a suo avviso, e sia inteso solo a suo avviso, subita. Un gesto impagabile, a dimostrare effettivamente quanto quella chiave simbolica possa effettivamente significare. Dal tardo pomeriggio di Giovedì Grasso, appuntamneto da Lorenzo, nel suo seminterrato, ben attrezzato ed ordinato, primo Tempio della Congrega nel capoluogo, a celebrare tra canti, urla, suonate euforiche l'"OCTAVA EPOPEA MAXIMA" della Guazza, piccola, agreste, umile congrega periferica che con vergogna, lentamente come una lumaca, negli ultimi otto anni ha conquistato un piccolo posto nella teatrilità carnascialesca aufidica. Un uscita in "pompa magna" quella di Giovedì Grasso, al gran completo, quattro trombe, due tromboni, due bombardini, un sassonfono e le percussioni, ancora troppo poco per la gloria della Congrega, ma efficace, diretta, sicura l'uscita, galvanizzata delle Chiavi della Città legate al Gonfalone, a dimostrare così la Guazza, la sua stretta appartenenza agli eventi grandiosi della nostra città in periodo carnevalesco. Una nottata particolare, che ha visto rientrare il Gonfalone alla Tana del Lupo solo alle due e mezza, dopo che l'uscità era avvenuta verso le undici di sera. C'è stata la consuenta "Ricciolina" con gli Orsi, primi amici della Guazza, davanti ai Talebani, che con la festa danznte del Talebangrass celebravano la lunga nottata del Giovedì Grasso, e poi la sconosciuta Aviron "Maionase" a celbrare l'ottavo glorioso della Guazza, con le Guazzette strette in posa al Gonfalone ad immortalarsi con le chiavi della città, tutto molto bello, un sogno, dalla durata però breve ed effimera. E non manca l'ironia dei compaesani, che per compatimento, superficialità, scherzosa simpatia, o meglio dire invidia, lanciano anatemi e maledizioni auspicando il rientro delle Chiavi della Città in Comune prima che, la Guazza, umida e fredda le ossidi, "arruginendole" irrimediabilmente. E chi di musica ne capisce, o crede di capirne, tra un raviolo e l'altro commenta criticando la scelta del primo cittadino dicendo, non senza tutti i torti che una congrega, prima di meritarsi le chiavi, dovrebbe mettersi d'accordo sulla canzone da suonare, o meglio tutti i suoi componenti dovrebbero almeno suonare la stessa canzone. Ma regole non ce ne sono a Carnevale, e può accadere anche che,la piccola e perculata Guazza possa ricevere le Chiavi della Città. Venerdì, quello Grasso, la Congrega come da Statuto è sciolta, ma è stato per tutti noi in ogni caso un Bov Fint esaltamente, partecipato, fino alle fine, fino alla rituale mattanza alla colonna del Comune che, mi pare, ogni anno che passa, se storce sempre più- Puo' accadere pure che, dopo tre zeroventi di mistrà, drammaticamente mandati giù tra sensazioni di nausea e lacrime agli occhi, con le vie respiratorie violentemente occluse, mi sia preso per la prima volta in trentasette anni, la briga di prendermelo il Bove Finto, di afferrarlo in piazza per pochissi minuti, ed averlo lanciato con rabbiose cariche ai margini della Piazza del Popolo. La processione, dopo la mattanza, è stat lenta, faticosa; Iginio sembrava, come ogni anno un moderno Ercole, alle prese con le sette fatiche, grondande di sudore, poveraccio già dalla parrucchieria de Sarac, diventato cianotico davanti all'Ospedale, e quella maledettissima corda sembrava essere legata ad un tir, che poi diventa un treno alle Case Vass, un palazzo a dieci piani in piazzetta Valorani, quando entra in Piazza dalla chiesa dell'Addolorata, Iginio tirava la Luna con la corda, ma il supplizio quasi finisce, e con un applauso, lu Bov, quest'anno per la prima volta è stato rimesso dai Talebani. Sabato di riflessione e tranquillità, mentre ieri uscita ufficiale, in "pompa magna" a celbrare la Domenica di Carnevale, quest'anno ancora più sentita dall'onore concessoci dal Sindaco, l'onore delle chiavi. E' così, dopo una frugale (nel vero senso della parola) merenda all'Osteria Ophys, ecco la Congrega entrare con Red River Valley in Piazza del Popolo, dove ad attenderla c'erano le altre Sorelle, la P'tona, gli Orsi, Mescal, l'Allegra Nobiltà, gli Aquilotti, lu Pà che l'Oj, i Tirolesi e tutte le altre. Irruento il blitz della Gabbia a punzecchiare il Ciorpento nel giorno della sua consacrazione. Ed ecco da dietro Palazzo Mercolini, partire la prima scia luminosa che, con un fragoroso botto, annuncia l'inizio dei fuochi artificiali. Stringendo i Gonfaloni dietro la turgida "cervice" del Ciorpento, inizia, al suono di "Addio Ninetta Addio" uno spettacolo pirotecnico multicolore che risplende e si amplifica negli ottoni di entusiasti Congreganti che a pieni polmoni spingono e fanno vibrare potentemente nell'aria fredda della sera le loro note. Inizia una danza sfrenata di gonfaloni, una danza multicolore, mentre musica e fuochi continuano ad impazzare nella Piazza, nell'esaltazione del momento gli ondeggiano, si alzano e si abbassano, seguendosi sinuosamente l'un l'altro, sembrano le spire, ed è vero, dell'Aureo Serpente, arcana divinità che splendidamente fa sprofondare nel mito la nostra civitas. Eppoi, quando tutto finisce, ed il Ciorpento rientra compattemente a Palazzo, la Guazza è pronta per lanciare la sua Hit- parede, quando ecco avvicinarsi, sveltamente verso di noi Leonida, grande e vetusto Carnevaliere del Ciropento, che invita la Congrega a palazzo. Un momento di grande gioia, orgoglio ed estasi, per la prima volta dalla fondazione la Guazza, con il suo gonfalone, entra a Palazzo Mercolini, tempio massimo della ritualità carnascialesca offidana. E via sbicchierate, sonetti del Serenissimo, sapientemente recitati da Giancarlo Premici, ecco anche uno strascicato, sconclusionato ed emotivo intervento di Erasmo, battezzato per l'occasione con l'appellativo di "Rotterdam" da Rufus. Ed ancora giù sbicchierate, con gli Orsi, vecchi amici e sostenitori della Guazza, e sbicchierate ancora con l'arcirivale, la P'tona, prima congrega di contrada del Carnevale Offidano. Ma tra tante emozioni, discorsi, aneddotti, tra tanti bicchieri bevuti, ecco appunto serpeggiare la tragedia imminente, che si palesa nell'apparentemente scherzoso coro canzonatorio ideato dai Guazzanti, a danno della P'tona. Ed invece di uscire trionfalmente da Palazzo Mercolini, la Congrega si disperde in Piazza, abbandonata da Erasmo e da me, che incazzati corriamo verso la Tana del Lupo, tra urla selvagge e forti discussioni che eccheggiano, fortunatamente in una piazza quasi deserta, sotto gli occhi di pochi esterefatti spettatori. Lunghe discussioni alla Tana del Lupo, sfoghi personali ed urla disumane, zuffe e poi abbracci e pianti dirotti. Non c'è pace in questo Carnevale 2013 per la Guazza. Un vortice troppo forte di emozioni, esasperato dal vino, consacra comunque la Guazza che celebra gli ultimi giorni della sua "Octava Epopea Maxima".

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